Nel complesso panorama geopolitico del Pacifico Meridionale, si sta delineando un’interessante dinamica di rivalità tra due delle maggiori potenze mondiali, ovvero l’Australia e la Cina. Questa competizione, che fa eco alle tensioni della Guerra Fredda, si concentra principalmente sull’influenza politica ed economica esercitata su diverse isole strategicamente importanti nell’Oceano Pacifico.
Recentemente, l’Australia ha compiuto un significativo passo avanti per consolidare la sua presenza nella regione, stringendo un accordo bilaterale con le Isole Tuvalu, un piccolo arcipelago indipendente. Tale accordo prevede che l’Australia accolga annualmente alcuni cittadini di Tuvalu, che stanno affrontando minacce legate all’innalzamento del livello del mare. In cambio, Canberra ha garantito la protezione delle isole, ottenendo anche un diritto di veto su eventuali futuri accordi che Tuvalu potrebbe stipulare con altre nazioni, in particolare con la Cina.
Questa mossa rappresenta l’ultima di una serie di strategie adottate da Australia e Cina, che si sfidano attraverso investimenti e accordi diplomatici. In particolare, l’Australia, nel tentativo di espandere la sua influenza nella regione, ha promesso di investire 20 milioni di dollari per l’ampliamento e il miglioramento delle infrastrutture portuali delle Isole Tonga, un altro punto nevralgico in questa competizione con Pechino. Tale investimento riveste una vitale importanza per un paese che dipende in gran parte dall’importazione marittima dei propri beni. Inoltre, le recenti elezioni nelle Isole Tonga hanno portato a un cambio di governo, con il nuovo primo ministro Sitiveni Rabuka che si è mostrato riluttante a intensificare ulteriormente i rapporti con la Cina.
Un rapporto pubblicato dal Lowy Institute ha evidenziato una diminuzione dell’influenza economica cinese nelle 14 nazioni indipendenti del Pacifico Meridionale. Nel corso del 2021, la Cina ha fornito aiuti per un totale di 241 milioni di dollari, una cifra inferiore rispetto ai 384 milioni di dollari del 2016. Questa riduzione può essere attribuita in parte alla crescente sfiducia delle nazioni del Pacifico verso gli aiuti cinesi, spesso accompagnati da elevati tassi di interesse, nonché alla loro preferenza per gli investimenti occidentali, in particolare quelli provenienti dall’Australia, che offrono condizioni economiche più vantaggiose.
Nonostante questa apparente diminuzione, la Cina ha comunque raggiunto importanti traguardi nella regione, come dimostrato dagli accordi di sicurezza firmati con le Isole Salomone nel 2022 e nel 2023. Tali accordi prevedono una maggiore cooperazione nel campo della sicurezza e dell’ordine pubblico. Inoltre, la Cina ha fornito formazione alle forze di polizia locali e ha realizzato infrastrutture fondamentali.
Gli Stati Uniti, da parte loro, non sono rimasti a guardare di fronte a questa situazione. L’amministrazione Biden ha recentemente organizzato un summit con i leader del Pacifico, impegnandosi a fornire 810 milioni di dollari in aiuti nel corso dei prossimi dieci anni. Questo impegno rientra in una strategia di cooperazione rafforzata, volta a combattere il cambiamento climatico e a migliorare la sicurezza marittima nella regione.
In questo contesto, l’Australia si configura come un attore chiave, non solo per la sua posizione geografica privilegiata, ma anche per il suo ruolo di mediatore tra le aspirazioni occidentali e le realtà del Pacifico Meridionale.